Modena, 16 aprile 2021

Post Scriptum

Qualcuno, leggendo il mio ultimo post C’è una guerra in corso…, ha osservato che sarebbe riduttivo considerare le ragioni del movimento animalista come limitate a una forma pietistica verso la vita animale, visto una parte radicale del pensiero militante degli ultimi anni ha considerato il veganesimo anche come una precisa scelta politica di opposizione all’industria della carne e dello sfruttamento animale.

È vero, ma a parte il fatto che la dimensione pietistica verso gli animali è sempre stata considerata prevalente da tutto il movimento (e questo ha purtroppo dato forma a un inaccettabile antropocentrismo di ritorno che ha escluso il pietismo verso la vita delle piante, della frutta, dell’aria, dei batteri, dell’acqua e di tutti gli altri preziosissimi esseri viventi che assimiliamo per lo svolgimento delle nostre funzioni vitali), resta il fatto che considerare il veganesimo come una forma di opposizione all’industria della carne e dello sfruttamento animale, conferma la visione miope che il Sistema c’induce ad assumere facendoci occupare solo di questo o di quello sfruttamento specifico (proprio come fa la Scienza con la sua divisione del lavoro e la sua specialistica), invece di prendercela con la logica di sfruttamento generale che regge la civiltà e la mentalità civilizzata che ci muove.

Occuparsi dell’industria della carne fregandosene di tutto il resto, è un po’ come criticare la guerra per poi andare a votare, santificare le feste, maltrattare la moglie e crescere i figli nell’autoritarismo. E, soprattutto, occuparsi dell’industria della carne senza comprendere quanto essa sia legata a quella dell’alimentazione umana e della malattia (che prospera proprio grazie al fatto che la nostra alimentazione è malsana), significa ridurre la lotta al Sistema a una lotta contro questo sistema sbagliato, nella sola prospettiva di migliorarlo. Quante volte mi sono sentito dire da militanti animalisti incalliti che se la gente mangiasse meno carne, le cose andrebbero meglio? Quanti documentari sono stati prodotti e diffusi con questa cieca morale di fondo (Cowspiracy per tutti)?

Se ci pensiamo bene, questa prospettiva è la stessa che anima Greta Thunberg e tutti coloro che pensano che se consumassimo meno acqua per lavarci le ascelle le cose andrebbero meglio, che se le fabbriche riducessero il loro inquinamento le cose andrebbero meglio, e che se utilizzassimo più auto a GPL le cose andrebbero meglio. La qual cosa, di per sé stessa, non è nemmeno errata, me è appunto miope perché non vede che il problema che abbiamo è il Sistema e non la singola forma di sfruttamento che esso foraggia o, ancor peggio, il singolo comportamento del soggetto stretto nella dipendenza dal Sistema e poi incolpato per le malefatte di quello. Togliere la carne dalla dieta per aggiungere cereali e legumi significa solo far convergere il nostro sostegno dall’industria della carne verso quello della malattia. Muovere invece da una prospettiva politica che concepisca il Sistema (e cioè la Società, la Megamacchina, la Civiltà) come il problema che abbiamo, e indaghi cosa l’essere umano debba dunque mangiare in quanto essere umano, significa attaccare il Sistema in tutti i bisogni artificiali che esso produce e che poi ci vende come naturali. E significa attaccare il Sistema nel suo complesso: sia quello dello sfruttamento animale, ma anche quello dello sfruttamento agricolo, vegetale, minerale, umano, dando un colpo all’intera Industria della Malattia e a tutte le industrie della civiltà. L’agricoltura è l’allevamento della piante! Possibile che questo non si riesca a vedere e a considerare? Possibile che ci si possa battere contro lo sfruttamento degli animali legittimando quello della piante, dei suoli, dell’acqua e della Terra?

Il Sistema non è un’accademia, frazionata in rami, settori e studi specialistici. Occuparci solo di una delle tante forme di sfruttamento attraverso le quali la civiltà ci sta distruggendo, ha un senso esclusivamente nella misura in cui si concepisca questa forma di sfruttamento specifico (sfruttamento animale, sessuale, economico, politico, sociale, energetico, eccetera) come inserita in un più ampio sfruttamento generale (quello della civilizzazione contro la vita libera e selvatica) di cui si abbia precisa contezza e contro il quale si voglia combattere.

Il Sistema (la Megamacchina, la Cultura/civiltà) è un tutt’uno devastante che colpisce su infiniti fronti, non un insieme variegato di interessi particolari slegati tra loro e che una volta colpiti singolarmente renderanno migliori le cose. È il Sistema il problema che abbiamo, non le sue singole manifestazioni devastanti. L’Economia non è separata dalla Tecnologia, e questa non lo è dalla Scienza, e tutte non lo sono dal Potere.

Per rendersi conto di quanto l’industria della carne sia legata a quella della malattia (e quindi alla Medicina e alla Scienza), basta pensare all’acronimo della più grande agenzia alimentare americana, la FDA (Food and Drug Administration, e cioè, in Italiano, l’Agenzia degli Alimenti e dei Medicinali – dove la traduzione del termine “medicinali” con “drug”, e cioè droga, dice tutto). La prospettiva miope di guardare solo a un aspetto del problema, è essa stessa una parte del problema. Finisce inevitabilmente per “specializzare” l’azione politica di chi vede solo quella (l’animalismo, il militarismo, il clericalismo, il sessismo, l’istruzione scolastica, eccetera), fino a far tralasciare gli altri aspetti della devastazione globale o a snobbarli. Quante volte ho sentito militanti animalisti, impegnati nella battaglia contro l’Industria della carne, fare proseliti in favore degli integratori vitaminici (sintetizzati dall’Industria farmaceutica) per sopperire ad esempio alla carenza di vitamina B12 che una certa alimentazione vegana procurerebbe? E quanti vegani militanti facevano vaccinare i loro bambini anche prima dell’obbligatorietà imposta in Italia nel 2017? E quanti ancora ricorrono oggi ad antibiotici alle prime linee di febbre (dovute a uno stile di vita innaturale che spesso contempla proprio un’alimentazione fisiologicamente incompatibile con la natura umana)? E quanti rivoluzionari benedicono gli antistaminici, gli antidolorifici e ricorrono alla Santa Medicina per ogni sciocchezza, facendosi drogare, avvelenare, e persino mutilare senza esitazioni dalla chirurgia?

L’essere umano è un animale frugivoro: non un carnivoro, ma neanche un granivoro (come lo sono i piccioni e i passeri). Ogni volta che eccederemo nell’alimentazione carnea, come in quella cerealicola, staremo ingrassando l’Industria della Malattia. E più assumeremo farmaci per contrastare gli effetti rovinosi della nostra alimentazione malsana, più diventeremo dipendenti dall’Industria della Malattia, in un circolo vizioso che rafforzerà soltanto la civiltà. I vaccini sono, a tutti gli effetti, dei farmaci (e cioè dei veleni), anche se vengono classificati diversamente solo per accedere a vie meno rigide di controllo burocratico in fase di sperimentazione. E i vaccini che le premurose istituzioni governative di tutto il mondo stanno oggi dispensando a iosa a una popolazione preventivamente terrorizzata con la Grande Messinscena del Coronavirus, non sono nemmeno vaccini, ma terapie geniche: l’inizio cioè della trasmutazione umana in Individui Geneticamente Modificati. Dopo la bioingegneria e gli OGM (Organismi Geneticamente Modificati), la Scienza ci sta regalando anche gli IGM (Individui Geneticamente Modificati) con l’ingegneria umana à la Mengele liberalizzata e seminata sulla popolazione mondiale acclamante. Se non è la civiltà il “nostro nemico”, vorrei che mi si spiegasse chi è.

Fin tanto che non comprenderemo che il problema che abbiamo non è questa o quella industria, questa o quella istituzione, questa o quella economia, questa o quella tecnologia, questa o quella scienza, questo o per potere, ma l’Industria, le Istituzioni, l’Economia, la Tecnologia, la Scienza, il Potere nel suo complesso, e cioè – in una parola sola – la civiltà, continueremo a perderci nei fluttui della mentalità civilizzata che ci spingerà a proteggere tutto quello che non percepiremo come devastante anche se ci starà annientando. Fin tanto che non comprenderemo che è la Natura il nostro punto di riferimento e non la Cultura, sarà la Cultura ad ucciderci. Fin tanto che non comprenderemo che il problema che abbiamo non è una specifica forma di sfruttamento, ma il sistema generale di sfruttamento che abbiamo appunto chiamato Cultura/civiltà (compreso dunque lo sfruttamento agricolo delle terre, quello delle piante, dell’acqua e del Vivente in qualunque forma, anche diversa da quella degli animali mammiferi), continueremo senza accorgercene a far rientrare dalla finestra tutto quello che abbiamo faticosamente messo alla porta, occupandoci di lottare contro una certa industria e legittimando tutte le altre.

Pertanto, nella misura in cui continueremo a fare affidamento sulla civiltà, credendo che il problema sia solo quello di migliorarla, rinverdirla, renderla democratica e accettabile, continueremo a restare schiacciati dalla dipendenza verso le sue Istituzioni, i suoi valori, la sua mentalità autolesionistica e dal mondo inaccettabile che la civiltà stessa ci ha preparato sostituendolo progressivamente a una Natura sempre più emarginata e trasformata lei in nemico.

Tutte le civiltà si sono sempre basate su di una cultura culinaria cerealicola: l’Europa con il grano, l’Africa col kamut e il sorgo, l’America con il mais, l’Asia con il riso. Il problema non è quello di eliminare la carne dalla nostra dieta, ma quello di comprendere che l’animale umano, in quanto animale frugivoro, dovrebbe alimentarsi prevalentemente di frutta e verdura cruda. E contro ogni moralistica e religiosa ottica pietistica, faremo bene anche a riconoscere che pure i vegetali e la frutta, così come i batteri, l’acqua e l’aria, sono esseri viventi ai quali dobbiamo tutto il nostro rispetto, anche quando muoiono per noi ogni volta che ci nutriamo di loro, rendendo così perpetuo il naturale ciclo della vita e della morte. Quel ciclo del quale pure noi umani facciamo parte anche se non ce ne rendiamo più conto, visto che non viviamo più e che quando moriamo (ormai non più per cause naturali da quando esiste la Medicina moderna), invece di diventare cibo per gli altri esseri della Terra (altri animali, batteri, terreno, minerali, piante, aria, acqua, eccetera), veniamo ulteriormente “ingabbiati” in una bara, sotterrati in cimiteri dai loculi tutti in riga, chiusi essi stessi da cancellate invalicabili e presidiati da sistemi sbirreschi di controllo tecnologico.

La domesticazione, che presiede al nostro processo di continua civilizzazione, e che ci separa dalla nostra natura per metterci in guerra contro di Lei e arruolarci dalla parte del Sistema, agisce anche attraverso le forme “controllate” di opposizione, o quelle miopi ostinatamente rivendicate, per indurci a negare di mettere in discussione il carattere culturale delle nostre rivendicazioni ideologiche, e per tenerci alla catena a ringhiare (magari sventolando una bella bandiera con la “A” cerchiata) contro chi continua a sentire il “richiamo della foresta”, e reclama il ritorno alle origini, ossia il ritorno a una vita libera e selvatica: l’unica compatibile con la nostra natura di animali liberi e selvatici, e cioè non culturizzati, non civilizzati, non addomesticati.

Enrico Manicardi

NB) Sul tema Coronavirus si ascoltino anche le interviste rilasciate da Enrico Manicardi a diverse radio locali, e caricate su questo sito (sezione “Interviste radio e tv” – parte “Audio”).